Armonia tra ambiente e architettura: si può?
Architettura e ambiente. É un binomio che esiste da sempre, nato insieme alle prime costruzioni che la storia e l'archeologia ricordino, quando era l'oggetto costruito dall'uomo a rappresentare un'anomalia in paesaggi dove la natura dominava largamente.
Oggi, dopo millenni di progresso tecnologico, e dopo le ondate di urbanizzazione avvenute soprattutto nel secolo scorso, che in qualche modo vengono associate all'idea stessa di sviluppo e modernità, l'originario rapporto tra questi due elementi ha cambiato nettamente segno: abitazioni, centri commerciali e infinite altre tipologie di costruzione invadono infatti il campo visivo di più della metà della popolazione mondiale.
Non tutto è imputabile agli aspetti più invasivi dell'edilizia e dello sviluppo, che pure esistono. La costante crescita demografica del pianeta, infatti, insieme all'innalzamento degli standard di vita – e quindi abitativi – dei Paesi più avanzati fa sì che l'esigenza di costruire nuovi edifici sia inesauribile.
Per contro, nella percezione comune è emersa sempre di più, in particolare nel corso degli ultimi cinquanta anni, la contraddizione tra paesaggi urbani e spazi verdi, o quantomeno non soffocati dalla civiltà del cemento. E, forse, è anche per questa ragione che la ricerca di un'integrazione tra edifici e ambiente circostante è stata uno dei punti fermi della modernità.
Uno degli esempi più suggestivi di questo indirizzo è rappresentato dall'opera di Frank Lloyd Wright, noto architetto americano della prima metà del Novecento.
Celebre per costruzioni quali il Museo Guggenheim di New York, Lloyd Wright ha realizzato la sua vena di sperimentatore anche nell'edilizia abitativa. Nella Casa Kauffman (nota anche come Casa sulla cascata), costruita alla fine degli anni Trenta, si possono rintracciare gli elementi distintivi del suo principale contributo teorico alla disciplina delle costruzioni: la cosiddetta architettura organica.
In questa villetta immersa nel verde della Pennsylvania, accanto a un ruscello che incontra un dirupo appena sotto le terrazze della casa, trovano infatti piena applicazione i pensieri dell'architetto sulla necessità di riscoprire una nuova armonia tra l'ambiente dell'uomo e quello della natura.
Le strutture sono realizzate in cemento armato – una tecnica decisamente innovativa all'epoca – e pietra del posto, gli arredi interni richiamano colori e materiali del paesaggio circostante, e così anche i volumi dell'edificio cercano di affermare la propria ragione costruttiva senza però creare una frattura con il contesto boschivo che ospita e incornicia la Casa Kauffman. Insomma, nonostante i problemi strutturali e le infiltrazioni idriche che la perseguitano fin dai primi anni Quaranta, la Casa sulla cascata resta uno dei grandi modelli per tutti quegli architetti che guardano alla scienza delle costruzioni non solo come arte dei volumi, ma anche come possibile fonte di armonia tra l'essere umano e il mondo della natura.
link foto
di Stefano Vannucci
Oggi, dopo millenni di progresso tecnologico, e dopo le ondate di urbanizzazione avvenute soprattutto nel secolo scorso, che in qualche modo vengono associate all'idea stessa di sviluppo e modernità, l'originario rapporto tra questi due elementi ha cambiato nettamente segno: abitazioni, centri commerciali e infinite altre tipologie di costruzione invadono infatti il campo visivo di più della metà della popolazione mondiale.
Non tutto è imputabile agli aspetti più invasivi dell'edilizia e dello sviluppo, che pure esistono. La costante crescita demografica del pianeta, infatti, insieme all'innalzamento degli standard di vita – e quindi abitativi – dei Paesi più avanzati fa sì che l'esigenza di costruire nuovi edifici sia inesauribile.
Per contro, nella percezione comune è emersa sempre di più, in particolare nel corso degli ultimi cinquanta anni, la contraddizione tra paesaggi urbani e spazi verdi, o quantomeno non soffocati dalla civiltà del cemento. E, forse, è anche per questa ragione che la ricerca di un'integrazione tra edifici e ambiente circostante è stata uno dei punti fermi della modernità.
Uno degli esempi più suggestivi di questo indirizzo è rappresentato dall'opera di Frank Lloyd Wright, noto architetto americano della prima metà del Novecento.
Celebre per costruzioni quali il Museo Guggenheim di New York, Lloyd Wright ha realizzato la sua vena di sperimentatore anche nell'edilizia abitativa. Nella Casa Kauffman (nota anche come Casa sulla cascata), costruita alla fine degli anni Trenta, si possono rintracciare gli elementi distintivi del suo principale contributo teorico alla disciplina delle costruzioni: la cosiddetta architettura organica.
In questa villetta immersa nel verde della Pennsylvania, accanto a un ruscello che incontra un dirupo appena sotto le terrazze della casa, trovano infatti piena applicazione i pensieri dell'architetto sulla necessità di riscoprire una nuova armonia tra l'ambiente dell'uomo e quello della natura.
Le strutture sono realizzate in cemento armato – una tecnica decisamente innovativa all'epoca – e pietra del posto, gli arredi interni richiamano colori e materiali del paesaggio circostante, e così anche i volumi dell'edificio cercano di affermare la propria ragione costruttiva senza però creare una frattura con il contesto boschivo che ospita e incornicia la Casa Kauffman. Insomma, nonostante i problemi strutturali e le infiltrazioni idriche che la perseguitano fin dai primi anni Quaranta, la Casa sulla cascata resta uno dei grandi modelli per tutti quegli architetti che guardano alla scienza delle costruzioni non solo come arte dei volumi, ma anche come possibile fonte di armonia tra l'essere umano e il mondo della natura.
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