Facile da dire, se rincasare significa aprire la porta di appartamenti confortevoli, spaziosi, immersi nel silenzio della campagna o sollevati su, agli ultimi piani di palazzi alti e moderni, a dominare dall'alto la città e i suoi ritmi caotici.
Tutt'altro discorso, invece, se il tetto domestico è quello dei piccoli e piccolissimi appartamenti disseminati nelle cinture periferiche che abbracciano i centri cittadini. Gli spazi sono spesso così ridotti che anche in nuclei familiari di tre o quattro persone, se non di più, non è raro pestarsi continuamente i piedi tra figli, genitori, fratelli e sorelle. Per non parlare poi della privacy, perennemente a rischio a causa di mura sottili come cartoni, che filtrano ogni discorso dei vicini di pianerottolo o degli altri condomini.
Oggi tutto questo è un dato di fatto nella vita di molte famiglie italiane: una casa a misura d'uomo, spesso sottomisura. Ma anche necessaria per rispondere alla domanda di alloggi, che è in crescita continua.
A cavallo della seconda guerra mondiale, l'architetto svizzero Le Corbusier (Charles Jeanneret-Gris), pioniere del Movimento moderno, fu tra i primi a elaborare e sperimentare in modo organico la nuova tipologia di quei complessi architettonici che sarebbero poi stati destinati a ospitare la gran parte delle famiglie arrivate nelle città nel periodo della ripresa economica e industriale. Insomma, gli illustri antenati d'oltralpe dei grandi complessi abitati che, in Italia, si trovano soprattutto nelle periferie delle maggiori città.
Tra il 1945 e il 1952, Le Corbusier realizzò la prima delle sue Unités d'Habitations, a Marsiglia. Le strutture, ancora oggi perfettamente funzionanti e abitate, erano pensate per rispondere a ogni tipo di esigenza delle famiglie che vi alloggiavano.
La progettazione partiva infatti dall'idea che gli spazi vitali non si riducessero alle stanze e ai metri quadrati dei singoli appartamenti, ma che si dovesse ripensare la funzione stessa dei complessi abitati, alla luce dei mutamenti avvenuti nella società e nelle città.
È per questo che le Unités d'Habitations, alte diciassette piani, ospitano negozi di ogni tipo lungo i corridoi interni, ed ecco perché il tetto, invece, è una grande terrazza adibita a verde pubblico. Proprio per rispondere alle necessità, anche sociali, di chi abita nei circa trecento appartamenti che compongono gli edifici.
Gli appartamenti, inoltre, rappresentano un ulteriore spunto delle idee di Le Corbusier in risposta al crescente bisogno di nuove abitazioni nelle grandi città. Gli spazi interni, infatti, sono calcolati in base al concetto del modulor, una scala di grandezze che si basa sulle proporzioni del corpo umano.
Questo metro – derivato dalla regola aurea – doveva diventare il punto di riferimento di ogni architetto moderno, che avrebbe dovuto guardarvi per costruire non solo spazi ma anche ripiani, appoggi e accessi in accordo con le misure standard del corpo umano.
Vere e proprie case a misura d'uomo, insomma.
di Stefano Vannucci
Oggi tutto questo è un dato di fatto nella vita di molte famiglie italiane: una casa a misura d'uomo, spesso sottomisura. Ma anche necessaria per rispondere alla domanda di alloggi, che è in crescita continua.
A cavallo della seconda guerra mondiale, l'architetto svizzero Le Corbusier (Charles Jeanneret-Gris), pioniere del Movimento moderno, fu tra i primi a elaborare e sperimentare in modo organico la nuova tipologia di quei complessi architettonici che sarebbero poi stati destinati a ospitare la gran parte delle famiglie arrivate nelle città nel periodo della ripresa economica e industriale. Insomma, gli illustri antenati d'oltralpe dei grandi complessi abitati che, in Italia, si trovano soprattutto nelle periferie delle maggiori città.
Tra il 1945 e il 1952, Le Corbusier realizzò la prima delle sue Unités d'Habitations, a Marsiglia. Le strutture, ancora oggi perfettamente funzionanti e abitate, erano pensate per rispondere a ogni tipo di esigenza delle famiglie che vi alloggiavano.
La progettazione partiva infatti dall'idea che gli spazi vitali non si riducessero alle stanze e ai metri quadrati dei singoli appartamenti, ma che si dovesse ripensare la funzione stessa dei complessi abitati, alla luce dei mutamenti avvenuti nella società e nelle città.
È per questo che le Unités d'Habitations, alte diciassette piani, ospitano negozi di ogni tipo lungo i corridoi interni, ed ecco perché il tetto, invece, è una grande terrazza adibita a verde pubblico. Proprio per rispondere alle necessità, anche sociali, di chi abita nei circa trecento appartamenti che compongono gli edifici.
Gli appartamenti, inoltre, rappresentano un ulteriore spunto delle idee di Le Corbusier in risposta al crescente bisogno di nuove abitazioni nelle grandi città. Gli spazi interni, infatti, sono calcolati in base al concetto del modulor, una scala di grandezze che si basa sulle proporzioni del corpo umano.
Questo metro – derivato dalla regola aurea – doveva diventare il punto di riferimento di ogni architetto moderno, che avrebbe dovuto guardarvi per costruire non solo spazi ma anche ripiani, appoggi e accessi in accordo con le misure standard del corpo umano.
Vere e proprie case a misura d'uomo, insomma.
di Stefano Vannucci
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